Cos'è il Parkinson: una malattia complessa e ancora in parte misteriosa

La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa cronica e progressiva che colpisce principalmente il controllo dei movimenti, ma può manifestarsi anche con sintomi non motori. È la seconda malattia neurodegenerativa più diffusa al mondo dopo l’Alzheimer, e rappresenta oggi una delle principali sfide della neurologia moderna.

Descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817 nello studio An Essay on the Shaking Palsy, questa malattia prende il nome proprio dal medico che ne delineò i primi tratti distintivi. Oggi in Italia si stima che ne siano affette circa 250.000 persone, ma alcune fonti ipotizzano cifre doppie. In tutto il mondo, la sua incidenza è in costante crescita, tanto da essere considerata la malattia neurologica a più rapida espansione a livello globale.

Quando compare e come si manifesta?

Solitamente il Parkinson si manifesta intorno ai 60 anni, ma nel 10% dei casi colpisce persone con meno di 50 anni. Col tempo, i sintomi peggiorano, ma i trattamenti farmacologici e non farmacologici oggi disponibili hanno migliorato sensibilmente la qualità della vita dei pazienti.

Il Parkinson è noto soprattutto per i suoi sintomi motori: tremore a riposo, rigidità muscolare, bradicinesia (lentezza nei movimenti), difficoltà di equilibrio e andatura impacciata. Ma la malattia è molto più complessa: spesso compaiono anche sintomi "invisibili" come depressione, stitichezza, disturbi del sonno, riduzione dell’olfatto e difficoltà cognitive.

Ogni persona sperimenta la malattia in modo diverso, rendendo cruciale una diagnosi precoce e una presa in carico personalizzata.

Cosa succede nel cervello?

La causa principale dei sintomi del Parkinson è la perdita progressiva delle cellule nervose nella Substantia nigra pars compacta (Snpc), un'area del cervello fondamentale per la produzione di dopamina. La dopamina è il neurotrasmettitore che permette il corretto funzionamento dei circuiti cerebrali coinvolti nel controllo dei movimenti.

A livello biochimico, nei pazienti si osserva una marcata riduzione della dopamina, un calo della neuromelanina, alterazioni nei mitocondri e altre anomalie enzimatiche. Tuttavia, una diagnosi definitiva può essere formulata solo post mortem, tramite analisi istologiche cerebrali.

Ma perché ci si ammala di Parkinson?

Le cause esatte non sono ancora pienamente comprese. L’ipotesi più accreditata è che alla base ci sia una combinazione di fattori genetici, ambientali e legati all’invecchiamento. Non esiste quindi una “sola” causa: piuttosto una rete complessa di elementi che contribuiscono alla morte delle cellule dopaminergiche.

Tra i fattori di rischio noti troviamo:

  • Genetica: mutazioni nei geni come alfa-sinucleina, parkina, DJ-1 e LRRK2 possono aumentare il rischio, anche se solo una piccola percentuale (5-10%) dei casi è ereditaria.

  • Fattori ambientali: esposizione a pesticidi, erbicidi, metalli pesanti (manganese, ferro, piombo), sostanze chimiche industriali, specialmente in ambito agricolo.

  • Stile di vita: alimentazione, sedentarietà, e persino il luogo di residenza (ad esempio ambienti rurali) possono influire. Curiosamente, alcune ricerche mostrano un’associazione inversa tra fumo e incidenza della malattia, ma il meccanismo non è ancora chiaro.

Trattamenti e nuove prospettive

Attualmente non esiste una cura definitiva per il Parkinson, ma sono disponibili numerosi trattamenti per controllare i sintomi. La terapia più utilizzata è la L-Dopa, che aiuta a ripristinare temporaneamente i livelli di dopamina. Altri farmaci includono agonisti della dopamina, inibitori delle MAO-B e della COMT, anticolinergici e amantadina. Nei casi più complessi, si può ricorrere alla stimolazione cerebrale profonda (DBS), una procedura chirurgica che prevede l’impianto di un “pacemaker” cerebrale per migliorare i sintomi motori.

Il trattamento è multidisciplinare e coinvolge neurologi, fisioterapisti, logopedisti, infermieri specializzati e psicologi. Ogni paziente è unico e la terapia deve essere adattata in base ai suoi sintomi specifici.

La ricerca guarda avanti

La scienza sta facendo progressi: oggi gli studi si concentrano non solo sulla gestione dei sintomi, ma anche sulla comprensione delle cause, sulla prevenzione e sulla possibilità di rallentare o fermare la progressione della malattia. Tecniche come il neurotrapianto e nuove molecole neuroprotettive sono oggetto di ricerca avanzata.

Riconoscere il Parkinson nelle sue fasi iniziali è fondamentale. Più precoce è la diagnosi, migliori sono le possibilità di mantenere una buona qualità della vita.

🫶 Non dimentichiamoci di chi assiste
Prendersi cura di una persona con il Parkinson può essere molto impegnativo, sia fisicamente che emotivamente.
Per questo, anche i caregiver possono parlare con il nostro psicologo: non siete soli.
Il vostro benessere è importante quanto quello della persona che assistete.
Se volete un incontro con il nostro esperto non esitate.

Parlarne è il primo passo per abbattere lo stigma




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